Anne-Louis Girodet de Roussy-Trioson 767–1824

sonno di Endimione 1798

Una cosa bella è una gioia per sempre:
Si accresce il suo fascino e mai nel nulla
Si perderà; sempre per noi sarà
Rifugio quieto e sonno pieno di sogni
Dolci, e tranquillo respiro e salvezza.
Un serto pertanto oggi girono intrecciamo
Fiorito, per legarci alla terra,
Malgarbo la pena dei giorni tristi
E dell’inumana scarsezza si nobili nature,
Malgrado i sentieri rischiosi e oscuri
Che nella ricerca dobbiamo percorrere
Si, nonostante tutto, il velo dai nostri sprinti
Tristi qualche forma si bellezza rimuove
E sono il sole e la luna su vecchi alberi
E i giovani che ricche ombre alle greggi
Umili donano; sono i narcisi e il verde
Mondo in cui vivono; i chiari ruscelli
Che un fresco tappeto s’inventano
Nella calda stagione; i cespugli macchiati
Di fiori di rosa nel mezzo del bosco
E tale è anche la grandezza del destino
Che per i morti potenti immaginiamo;
Tutti i racconti belli che abbiamo letto o udito:
Una fonte sempre viva d’acqua immortale
....

Miele dall'arnia nocchiuta ti porterò,
e mele, scure di dolcezza, raccoglierò per te,
crescione che nasce dove nessuno lo vede,
e acetosella intatta dal rorido zoccolo del cervo:
siringhe foggerò di canna d'acoro,
ché tu sempre sappia dov'io cammino,
quando ti piacerà nella nostra casa tranquilla
ascoltare e pensare cose d'amore. Ch'io continui a parlare;
ch'io continui a tuffarmi nella gioia che cerco.


John Keats, Endimione



Endimione era un re di Elide, presentato solitamente come un bellissimo pastore o cacciatore. Sua caratteristica era quella di poter godere di un sonno eterno, sulla cui origine le versioni del mito differiscono notevolmente: talora viene presentato come un dono di Zeus, che gli aveva permesso di poter disporre personalmente della propria morte (Apollodoro 1.7.5) consentendogli così di sostituirla con un sonno ininterrotto; talvolta invece il sonno è considerato una punizione, dovuta al fatto che Endimione, elevato da Zeus al cielo, aveva osato desiderare l'amore di Era; in altri casi si dice che Ipnos, il dio alato del sonno, innamoratosi di lui, gli avesse concesso il dono di poter dormire ad occhi aperti.
Il racconto più celebre è però quello secondo il quale Endimione era amato da Selene, la Luna, la quale spariva dietro la cresta del monte Latmo, in Asia Minore, per andare a trovarlo mentre dormiva in una grotta (Apollonio Rodio 4.57). Dall'amore di Endimione e della Luna sarebbero nate cinquanta figlie (Pausania 5.1.4). Il sonno sarebbe stato provocato dalla stessa dea (Cicerone, Tusculanae Disputationes 1.92), per potersi accostare indisturbata al giovane.

Dante Gabriel Rossetti 1828-1882

The Salutation of Beatrice 1859


8 agosto 1863

16 Cheney Walk
Chelsea


Caro Sig. Gambart

[…] In risposta alla Vostra richiesta, Le invio la descrizione di due grandi schizzi ad olio, incorniciati insieme e intitolati, Il saluto di Beatrice in terra e in cielo.
Il soggetto di sinistra rappresenta il primissimo incontro fra Dante e Beatrice a Firenze, dopo che entrambi hanno raggiunto l’età adulta. La vicenda è descritta nella Vita Nuova di Dante e la citazione posta sopra il mio dipinto recita (in inglese), “Questa mirabile donna apparve a me vestita di colore bianchissimo, in mezzo a due gentil donne, le quali erano di più lunga estate”. Il verso sotto, invece, è preso da uno dei sonetti contenuti nella Vita Nuova: “Ne li occhi porta la mia donna Amore”.
Tra i due soggetti, la figura dipinta in oro sulla cornice rappresenta Amore che tiene in mano una meridiana, con l’ombra che indica la nona ora, la stessa in cui, come ci dice Dante, Beatrice muore il 9 luglio del 1290; la data è inscritta sopra. Amore sta spegnendo la sua torcia come simbolo della morte di Beatrice. Sotto vi è inciso il messaggio di Geremia che Dante cita in latino nella Vita Nuova, dove parla del grande dolore per la morte di Beatrice: “Quomodo sedet sola civitas plena popolo!” La figura di Amore, dunque, rappresenta la morte di Beatrice che ha luogo nel passaggio fra i due soggetti.
Il secondo soggetto rappresenta l’incontro in Paradiso di Dante e Beatrice, dopo la sua morte, come lui la descrive nel trentesimo Canto della seconda parte della Divina Commedia. La scritta sopra recita: “Sovra candido vel cinta d’uliva donna m’apparve, sotto verde manto vestita di color di fiamma viva”. Il verso inscritto sotto riporta le parole che Beatrice gli rivolge: “Guardaci ben! Ben son, ben son Beatrice!”. Nel dipinto Dante ha appena allontanato il volto dalle mani in cui l’aveva nascosto, per guardare Beatrice mentre questa si solleva il velo. I soggetti prendono ispirazione da quelli reali e non da quelli allegorici della storia d’amore di Dante. L’intera Vita Nuova è stata da me tradotta e pubblicata in The Early Italian Poets. […]

Vostro Sinceramente
D. G. Rossetti

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